Tra i molti testi interessanti di cui un caro amico, Bruno Ciliento, da tempo mi gratifica, ne ripesco uno che forse non avevo considerato con la dovuta attenzione.
A meno che, a suo tempo, non l’avessi lasciato da parte proprio perché me ne sentivo in qualche modo coinvolto…
(Ma no, non credo.)

Mattoidi*  è una voce dell’Enciclopedia Treccani, risolta con una prosa coincisa, a tratti quasi elegante; si deve a Ernesto Lugaro, il successore di Cesare Lombroso nella cattedra di Clinica psichiatrica all’Università di Torino, e data al 1934. Mi colpisce pensare che nessuno, allora, avesse potuto individuarvi elementi inopportuni… qualcosa, diciamo così, di “pericoloso”.


*MATTOIDI. – Con questo epiteto si sogliono indicare individui che, pur potendo vivere liberamente nella società, presentano tali note di eccentricità, di bizzarria nel modo di pensare, nei sentimenti e negli atti, da farli considerare quali mezzo matti. In realtà queste note sono d’indole patologica.
I mattoidi sono in gran parte ammalati di ciclotimia lieve, d’ipomania cronica, di malumore costituzionale, di schizofrenia mite. Assai numerosi e caratteristici sono i mattoidi per lieve deficienza intellettuale con spiccata tendenza ai delirî paranoici: a questa categoria appartengono molti propagandisti fanatici d’idee strambe, altri che si credono genî incompresi, dediti a scoperte e invenzioni del genere della quadratura del circolo, del moto perpetuo, della cabala del lotto, a elucubrazioni pseudofilosofiche bizzarre, esuberanti di simboli, di allusioni, d’ipotesi vaghe, a progetti di riforma politica, sociale, religiosa, puerilmente privi d’ogni praticità. Questi mattoidi colpiscono soprattutto per la sproporzione evidente fra la scarsa levatura del loro intelletto e l’altezza del compito che si prefiggono, come pure per la sicumera che li fa vivere, fieri e contenti, tra beffe e lodi canzonatorie. Non è però raro il caso di mattoidi intraprendenti e fortunati, che riescono a formarsi una schiera di seguaci e a imporsi per qualche tempo all’opinione pubblica.

Treccani, 1934