Cinzia ama un centravanti di serie D
ma che gioca coi calzini tirati giù,
e si vorrebbero sposare, ma il padre di lei
suggerisce di aspettare ancora un po’.
Questo padre è un uomo strano, un ex combattente
che di calcio non capisce niente, o quasi niente:
“La sapete raccontare”, lui dice, “però
hanno tutti i parastinchi, e Mario no.”
Resta nel sole, resta nel sole
Mario, e continua a giocare.
Lascia i polpacci liberi
e non ti fare scrupoli…
Un regista deve avere piedini da geisha,
piedi piccoli che sentano la cosa giusta,
testa alta per vedere l’immediato futuro
e cacciare un bel pallone fin laggiù.
Un portiere non ci piace che sia basso e magro,
negli stopper ammettiamo mandibole truci,
mentre il libero è un patriarca, il tornante un pinocchio,
e quell’altro là a sinistra un mezzo matto. (E Mario?)
Resta nel sole, resta nel sole
Mario, e continua a giocare.
Dicono che sei fragile,
e intanto li metti a perdere, tutti.
Questo è il tempo in cui le latterie odorano di latte
e che ci sono i ciùngai colorati nelle macchinette,
e noi cotonati, scampanati, superprofumati
con dei dopobarba da tabaccheria
concepiamo ancora un calcio un po’ lombrosiano,
che ogni ruolo vuole un fisico, un suo tipo umano:
fantasista culo basso, marcatore naso grosso,
portatore d’acqua biondo, e così via. (E Mario?)
Resta nel sole, resta nel sole
Mario, e continua a giocare.
Forse capire è un lusso,
ma ci si può arrivare… (Adesso?)
Resta nel sole…