Sdraiato
con le scarpe e tutto
sul divano letto
di un appartamento arioso,

un uomo
coi capelli a spazzola,
cravatta lenta
e un completo ancora buono

rimugina
e rimuginando
fa strisciar le suole
una contro l’altra.

Di sotto
c’è un odor di macchine,
movimenti rapidi
e rumori combinati,

e qui
si è infilato un rèfolo,
quasi un soffio morbido
che però si fa sentire,

e gira
per l’appartamento,
muove un po’ le tende
e non se ne va.

Non so cosa pensare di me,
non so cosa pensare di me:
i conti non mi tornano più
e quella donna ha certe sue velleità,
la gente che vediamo non va,
semplicemente sono stufo di fingere così.

Lui nota
a metà soffitto
una linea d’ombra
che di colpo salta via.

Rieccola,
nello stesso punto;
salta via di nuovo,
e di nuovo ricompare.

E l’occhio,
il suo occhio entra
in quel gioco d’ombre
e ci rimane un po’.

Si passa
una mano in testa
con le dita aperte,
lentamente, contropelo;

e trova
quella nebbia dolce,
quella sensazione
di caduta rallentata.

È un attimo:
con le scarpe e tutto,
chi l’avrebbe detto?,
s’addormenta lì.

La notte
di un inverno caldo,
il vento è quasi forte
e la luna quasi piena.

Un uomo
col mantello verde
come una speranza
sta passando fuori porta;

dall’ombra
di un banano spunta
una donna riccia
e gli dice: “Ahi,

si vede
dalla camminata
che non seì felice,
che hai qualcosa che ti rode.

Avanti,
dammi quella mano
e qualche monetina,
tanto più che forse è un sogno”.

Lui resta
dove si è fermato
e le guarda i piedi,
e poi le dice: “Sai,

non so cosa pensare di me…”

Finisce
senza farci caso
quasi a mezza voce,
perchè il vento si è abbassato;

e gli occhi
per lasciarsi andare
li ha tenuti chiusi,
e quando li riapre . . .niente.

Sparita:
è tutto svaporato
e sul soffitto righe,
solo righe d’ombra…