La donna nera, nera
porta un vestito a pois
ha una borsetta con lo scatto
quando la chiude fa: TAC!

E quando taglia corto
uno rimane lì
non sa più dire per che cosa
con che cosa, che cosa

E noi che ci crediamo
ancora per un po’
disordinati, stupidi animali
con gli occhiali

La vera donna bionda
sente la scena sua
e l’attraversa obliquamente
col suo passo felpato

Non ha ori ne’ gemme,
solo la sua beltà
e una cassetta di spumante
e un pupazzo sorridente

E noi che ci crediamo, etc.

La rossa naturale
sotto la doccia canta
fa le addizioni tutte a mente
quello che vuole, agguanta

Ti chiama “insulso vagheggione”
che vuole dire scemo
ma se ti infila contropelo
non puoi più farne a meno

E noi che ci crediamo, etc.


Oltre alla nera e alla bionda, meditavo su una terza figura, la rossa. Ma la rossa non mi veniva…
La canzone, che risale per le prime due strofe all’ultimo decennio del secolo scorso, potrebbe suscitare qualche perplessità per un vago sentore di maschilismo. Di fatto, il coro finale – un patetico vociare di maschi delusi, tra la pubblica confessione e l’osteria – dovrebbe rimettere tutto in bolla.

Dicevo della rossa. A lungo ho cercato quella terza strofa, e solo col nuovo millennio è venuta fuori, quasi di colpo: sono i vantaggi di chi, per così dire, si prende il suo tempo.

Naturalmente, non svelerò mai i possibili risvolti autobiografici legati a queste immagini femminili. Posso invece raccontare di quell’arrangiamento molto efficace – Fede e Maspi avevano immerso le tre figure in altrettanti “climi”, giocando su tempi diversi e su forti soluzioni di continuità -, che però a mio dire non funzionava del tutto con la bionda. L’organetto diatonico era dolce, malinconico e ammiccante, e io volevo un effetto molto più algido.

Alla fine mi hanno accontentato, un po’ malvolentieri, inserendo il suono della celesta.

NB: La sostituzione di disordinato al dialettale abelinato è un opportuno suggerimento di Giorgio Conte. Insulso vagheggione potrebbe essere tratto da un romanzo di Wodehouse (o di Evelyn Waugh?). La borsetta della donna nera, nera (dove è importante la virgola), con quello scatto – TAC ! – che non può non dirsi castrante, andava necessariamente accostata a un vestito a pois. (Uno non saprà mai perché, ma sa che è così.)